lunedì 23 marzo 2009

I teologi del profilattico

Non vorrei cadere in due trappole: la prima è quella di continuare a parlare di condom. Questo è esattamente ciò che vogliono i nemici della Chiesa, i quali prima ci trascinano sul loro terreno, per poi attaccarci piú facilmente. È molto importante non stare al loro gioco; non perché sia proibito parlare di preservativi; ma perché se ne deve parlare quando lo vogliamo noi, non quando lo vogliono loro. Ne possiamo parlare in un contesto di serio confronto scientifico e di onesta riflessione morale; non in un contesto di polemica prevenuta e superficiale. Anche perché — ed è esattamente ciò che vogliono lorsignori — il tempo che noi dedichiamo alle totalmente inutili diatribe sul profilattico è tutto tempo rubato all'annuncio di Cristo, che solo può salvare l'uomo. Anche dall'AIDS. È proprio questo che li terrorizza: che Cristo sia annunziato e possa conquistare le anime.

La seconda trappola è quella di continuare a dare importanza a certi personaggi, che non sono degni di alcuna considerazione. Hans Küng ha rilasciato la sua ennesima intervista (deve pur dimostrare di esserci!) a Periodista Digital; potete trovarne una parziale traduzione italiana sul blog Messainlatino.it. È ovvio che, se noi continuiamo a leggere e commentare i suoi interventi, lui penserà di essere davvero un profeta. C'è il rischio di fare da grancassa ai suoi vaneggiamenti. Perciò, meglio ignorarlo. Ma siccome il sullodato teologo, per l'occasione improvvisatosi oracolo, dice corbellerie, bisogna pure che qualcuno lo smentisca. Il problema del giorno è la condanna del presevativo come mezzo per combattere l'AIDS in Africa.

"Le duole specialmente per le conseguenze che questo moralismo intollerante può avere nel continente nero?
Sí. Mi dà moltissimo dolore constatare che la Storia giudicherà entrambi i Papi [Woytila e Ratzinger] come due dei maggiori responsabili della propagazione dell’AIDS, specie in paesi con grandi maggioranze o minoranze cattoliche, come nel caso dell’Africa. È sommamente ipocrita condannare i preservativi in regioni come quelle africane con alto rischio di AIDS e, al tempo stesso, chiedere di proteggere i poveri dalle malattie piú nocive".

Ripeto, non voglio entrare nella polemica. Voglio solo far notare che non è affatto vero che nei paesi a grande maggioranza cattolica l'AIDS è piú diffuso. Un esempio? Le Filippine. Nel paese dove vivo, a stragrande maggioranza cattolico, l'AIDS praticamente non esiste. Le statistche dell'UNAIDS dicono che qui ci sono 8300 casi di malati di AIDS (sí, avete letto bene, non manca nessuno zero: otto-mila-tre-cento), su una popolazione di oltre 90 milioni di abitanti. Provate voi stessi a fare la percentuale, e confrontatela con quella di altri paesi non-cattolici (tanto per rimanere nei paraggi, con la Thailandia) o con quella di paesi piú "civilizzati" dove è comune il ricorso al profilattico. Come mai? I Filippini sono tanti sanluigigonzaga e santemariegoretti tutti casa-e-chiesa? Ho i miei dubbi. Allora significa che fanno un uso massiccio di condom! Volete sapere che cosa ne pensano? Se non vi scandalizzate, dicono: "È come mangiare una caramella incartata". Non ne vogliono proprio sapere. I soliti poteri forti stanno facendo di tutto per convincere i filippini a fare uso di preservativi: prima con una campagna di terrorismo psicologico per convincerli dei rischi a cui vanno incontro (nonostante che l'evidenza dei fatti dimostri il contrario); ora con la discussione in Congresso di un Reproductive Health Bill che, se trasformato in legge, permetterà il libero accesso ai diversi tipi di contraccezione (si tenga presente che nelle Filippine non sono stati ancora legalizzati né il divorzio né l'aborto). L'unica spiegazione sta nel fatto che, pur non essendo un popolo di costumi illibati, i filippini, in grande maggioranza, seguono ancora madre natura (Dio li benedica; sono tra i pochi che continuano a far figli!) e cercano di evitare comportamenti a rischio. Senza bisogno di condom.