giovedì 19 marzo 2009

La trappola

Confesso di non seguire molto il viaggio del Santo Padre in Africa. Per vari motivi. Innanzi tutto, non credo sia necessario seguire il Papa in ogni suo spostamento e ascoltare o leggere tutti i suoi discorsi. È sufficiente accompagnarlo sempre con la preghiera. In questo momento è in Africa: è lí per gli Africani; lasciamo che se lo godano un po' anche loro.

Anche a volere, non è facile sapere che cosa il Papa realmente fa e dice. Certo, ci sono sempre i canali ufficiali (diciamoci la verità, non sempre cosí tempestivi); e poi c'è il blog della Raffaella che, in tempo reale, ci tiene al corrente di tutto (ma, anche qui, diciamoci la verità, è pressoché sovrumano starle dietro). Ma se dovessimo accontentarci dei normali mezzi di comunicazione (giornali e TV), sarebbe ben difficile essere informati correttamente ed esaurientemente sul Santo Padre.

Un esempio. Vivo in un paese cattolico, ma un tantino lontano dall'Italia (le Filippine). Non guardo la televisione; mi limito a dare un'occhiata al giornale. Sono ormai cinque anni che sto qui; in tutto questo tempo un solo viaggio del Papa è stato seguito minuto per minuto dai giornali: quello in America (le Filippine, pur essendo un paese indipendente, continuano ad avere una mentalità coloniale: solo ciò che avviene in America è meritevole di attenzione). Degli altri viaggi? Praticamente nulla. Che cosa pensate che dica oggi il Philippine Daily Inquirer (il piú diffuso quotidiano del paese) del viaggio del Papa in Africa? "Pope says condoms won't solve AIDS epidemic"; e riporta un trafiletto dell'Associated Press, in cui ci si limita a parlare della questione del preservativo. Le uniche parole di Benedetto XVI riportate sono: "You can't resolve it [AIDS] with the distribution of condoms. On the contrary, it increases the problem". Che cosa rimarrà, nella mente della gente, di questo viaggio papale in Africa? Il Papa è contro i profilattici (come se fosse una novità).

È ovvio che si è trattata dell'ennesima trappola mediatica, in cui Papa Ratzinger e il suo entourage sono ingenuamente caduti. In Vaticano ancora non si vogliono rendere conto che esiste un vero e proprio complotto per screditare il Papa. La cosa in sé non meraviglia piú di tanto: mi sembra ovvio che Satana e i suoi satelliti (come si diceva una volta) fanno il loro mestiere. Ciò che meraviglia è che non ci si renda conto che sarebbe ora di correre ai ripari. Per questo condivido pienamente la proposta di Raffaella: "Mai piú interviste del Papa ai giornalisti". Ha perfettamente ragione. Non è proprio il caso di prestare il fianco alle provocazioni. Come dicevo in altra occasione, non si può rincorrere il mondo. Il Papa continuerà a parlare attraverso gli strumenti tradizionali: discorsi, omelie, documenti. Chi vuol conoscere l'insegnamento del Papa può farlo senza problemi. Per i giornalisti basta, e avanza, il direttore della Sala Stampa. Dopotutto, c'è una dignità da salvaguardare: non la dignità della persona, ma la dignità dell'ufficio. Il Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica, il Successore di Pietro, il Vicario di Cristo non può abbassarsi a discutere con chi è in totale malafede. In ogni modo, nei confronti dei giornalisti non credo che vada fatto niente di piú. A loro si applica alla perfezione quanto diceva san Josemaría Escrivá de Balaguer: "Non disperdere le tue energie e il tuo tempo, che sono di Dio, a tirare sassi ai cani che ti abbaiano lungo la strada. Non curartene" (Cammino, n. 14).

Ma, nel caso presente, il problema non sono solo i giornalisti. A quanto leggo sull'ANSA, le parole pronunciate dal Papa sull'aereo che lo conduceva in Cameroun sono diventate un caso politico: a parte le legittime divergenze (sebbene mi stupisca certa meraviglia: il Papa ha detto qualcosa di nuovo?), a parte i soliti commenti stonati di sedicenti organizzazioni cristiane, qui siamo arrivati all'insolenza e all'oltraggio. Il professor Michel Kazatchkine, direttore esecutivo del Fondo mondiale per la lotta all'Aids, "profondamente indignato", ha chiesto al Papa di "ritirare le sue affermazioni in modo chiaro" perché "inaccettabili". Il segretario generale della sanità spagnolo ha invitato Benedetto XVI a fare un "mea culpa" (l'ho sempre detto che era pericoloso cominciare a chiedere scusa!) e a rettificare le parole di ieri. L'ex primo ministro francese Alain Juppé avrebbe affermato: "Questo Papa comincia a diventare un problema vero ... vive una situazione di totale autismo". E Daniel Cohn-Bendit, eurodeputato Verde, è andato oltre: "È quasi un omicidio premeditato, adesso ne abbiamo abbastanza di questo Papa". A questo punto, mi dispiace, non si può far finta di nulla o limitarsi a dare spiegazioni. A questo punto occorre reagire; non si può stare sempre sulla difensiva. Siccome qui si tratta di relazioni internazionali, la prima cosa da fare è richiamare in sede i nunzi per consultazioni; convocare in Segreteria di Stato i rispettivi ambasciatori e consegnare una nota di protesta ed esigere dai loro governi pubbliche scuse e ritrattazione di quanto affermato (non è cosí che fanno le organizzazioni ebraiche?). E, se non viene fatto, rompere le relazioni diplomatiche. Quanto poi alle sedicenti organizzazioni cristiane, se si tratta di organizzazioni cattoliche, privarle immediatamente di qualsiasi riconoscimento. Quanto poi ai membri dell'alto e basso clero, che si permettono di contraddire l'insegnamento della Chiesa, sarebbe ora di incominciare a far volare qualche salutare sanzione.