martedì 15 settembre 2009

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Ho ricevuto diversi messaggi pro e contro il mio post di ieri. L’audience poi ha avuto un’impennata inconsueta. Sinceramente, non mi aspettavo una simile reazione a un intervento che non aveva alcuna pretesa, ma voleva solo postillare l’intervista di Vittorio Messori dell’altro ieri su La Stampa.

Avevo premesso che consideravo del tutto legittime le obiezioni alle affermazioni di Messori (in quanto «opinioni personali ... che possono tranquillamente essere messe in discussione»). A maggior ragione, ritengo piú che legittimo dissentire dalle mie considerazioni, altrettanto personali e opinabili. Permettete però che aggiunga qualche parola di spiegazione, per chiarire il mio pensiero e la reale portata del mio intervento.

Innanzi tutto, vorrei che fosse ben chiaro che non avevo alcuna intenzione di polemizzare con quanti avevano espresso riserve sull’intervista di Messori né, tanto meno, con il Santo Padre. Volevo solo dire che quanto affermato da Messori, a mio modesto parere, non era del tutto campato in aria. Probabilmente neppure Messori aveva alcuna intenzione di controbattere al Papa; le sue erano semplicemente delle considerazioni generali sulla condizione reale dei vescovi in alcune parti del mondo. Le parole pronunciate dal Santo Padre sabato scorso non sono mai state in discussione né nell’intervista di Messori né nel mio post.

In ogni caso, penso che non sia molto corretto voler vedere in ogni intervento del Papa un riferimento diretto a qualcuno o a qualche situazione particolare. Benedetto XVI, com’è suo solito, “vola alto”; specialmente in una omelia, non si abbandona a polemiche spicciole. È vero che i vescovi ordinati erano tutti e cinque italiani e provenienti dalla Curia Romana; è vero che Papa Ratzinger conosce bene quell’ambiente, per esservi vissuto a lungo, e sa che il carrierismo vi è assai diffuso; sono convinto che egli si sia trovato sempre a disagio in un simile ambiente, che non era il suo (fosse stato per lui, sarebbe volentieri tornato agli studi, alla ricerca e all’insegnamento); ma non mi sembrerebbe rispettoso pensare che attenda certi momenti, come un’ordinazione episcopale, per denunciare o rinfacciare le umane miserie di chicchessia. Oltre tutto, sarebbe poco carino nei confronti degli ordinandi, che, se sono stati scelti, si suppone siano persone degne.

Il Papa dunque stava, sí, parlando a cinque vescovi italiani di Curia, ma avendo in mente tutti i vescovi della Chiesa. Messori, da parte sua, ha fatto alcune considerazioni (che probabilmente prendevano spunto dalle parole del Papa, ma non avevano alcun intento polemico nei suoi confronti) sulla situazione dei vescovi in Europa (il caso italiano è accennato solo di sfuggita), in Africa e in America Latina. Io, da parte mia, mi sono limitato a dire, basandomi anche sulla mia limitata esperienza, che, secondo me, quanto afferma Messori corrisponde a verità. Tutto qui.

Mi è stato fatto notare che il vero problema degli episcopati europei è la loro mancanza di comunione con il Papa. Sono pienamente d’accordo. Sono sempre stato convinto che all’origine della crisi della Chiesa (e della cristianità) europea ci sia una sorta di “complesso antiromano”. E questo non lo dico oggi, che la situazione si è fatta piuttosto grave; lo vado ripetendo da quando quelle comunità erano ancora fiorenti (subito dopo il Concilio); anzi, esse sembravano il futuro della Chiesa, mentre noi, poveri papalini, rappresentavamo il passato, che presto sarebbe stato spazzato via. Mi permetto però di aggiungere, tra parentesi, che anche lí dove si è tentato di correre ai ripari (come, p. es., in Olanda ai tempi di Giovanni Paolo II), la situazione non è affatto cambiata. In ogni caso, tali osservazioni nulla tolgono e nulla aggiungono alle affermazioni di Messori, che si limitano a constatare una realtà.

Semmai, ci sarebbe da notare, come ulteriore spunto di riflessione, che negli episcopati dei paesi del “terzo mondo”, tranne alcune eccezioni (specialmente in America Latina), in genere non ci sono contestazioni contro il magistero del Romano Pontefice. Ma ci sono i problemi a cui faceva riferimento Messori.

Anche a proposito del celibato, non mi sembra che Messori abbia inteso in alcun modo criticare l’attuale disciplina della Chiesa o abbia auspicato un suo mutamento; si è limitato a descrivere una realtà. Semmai, ha tentato di dare una spiegazione al fenomeno della islamizzazione dell’Africa e a quello della protestantizzazione dell’America Latina; interpretazione che però ho dichiarato esplicitamente di non condividere.

Quanto poi alla Rivoluzione francese, sono d’accordo che non le vada attribuito alcun “merito” diretto in riferimento alla purificazione della Chiesa che ad essa è susseguita (credo che anche Messori converrebbe su questo punto). Semplicemente, si trattava anche qui della constatazione di quanto oggettivamente accaduto, riconducibile, per chi crede, all’opera della Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal male. Né voleva essere in alcun modo, almeno da parte mia, un giudizio totalmente negativo sulla cristianità dell’Ancien Régime, che avrà avuto pure i suoi limiti, ma ebbe certo anche i suoi pregi (pensiamo, tanto per fare un paio di nomi, a San Luigi Maria Grignion de Montfort in Francia o a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori in Italia).

C’è poi anche chi mi ha scritto per approfondire ulteriormente la riflessione. Ma ne riparliamo domani.